La casa-bottega di Nicolò di Liberatore
Figlio di uno speziale che aveva casa nel rione della Mora, Niccolò si trasferì nel rione della Croce probabilmente dopo le nozze con Caterina, avvenute nel 1460. Caterina era figlia di Pietro di Mazzaforte e nipote di Giovanni di Corraduccio, entrambi pittori. La coppia si stabilì in una casetta sulla piazzetta della Trinità, vicino al monastero di S.Anna e alla casa dei suoceri. Nel 1472 Niccolò comperò per un fiorino, con il consenso della ministra del monastero di S.Anna, un terreno di proprietà pubblica fra la propria abitazione e quella dei Mazzaforte. Ampliò poi la casa fino ad unirsi a quella del suocero. Diversi sono gli affreschi che decorano la casa: un giovane che regge il monogramma di san Bernardino con un putto e un cartiglio nel quale si invoca la protezione divina sulla casa e su suoi abitanti, la figura di angelo sopra la porta della stanza del camino (forse la stessa dove Pietro dettò il suo testamento), una crocifissione di rara intensità con la Madonna e San Giovanni. Le stanze del piano superiore (oggi parte della casa di accoglienza), presentano tracce di affreschi con fregi vegetali. Ma il documento più sorprendente di questi vani, sono i graffiti tracciati dall’Alunno sull’originario intonaco per annotare le cose più diverse, eccezionale testimonianza della quotidianità della vita familiare e di bottega del pittore.
Vi sono ricordati eventi importanti della storia familiare, come la data di matrimonio dei suoceri, prestiti e conti, ricette per impiastri medicamentosi e forse per un inchiostro, un proverbio e persino il testo dell’Ave Maria, ovviamente in latino. Anche i visitatori o gli aiutanti di Nicolò hanno lasciato traccia del loro passaggio in questa casa.
Il 25 gennaio del 1502 Caterina, ammalata, in casa, detta il suo testamento nominando eredi i figli. Il 12 agosto Niccolò fa altrettanto. A Lattanzio lascia, fra l’altro, “i porfidi, le macine, le pietre di marmo, i disegni e tutte le altre cose pertinenti all’arte pittorica”. Marchesio avrà invece “un anello d’oro con cui mastro Niccolò sposò un tempo la signora Caterina sua moglie ed un altro anello d’oro nel quale appare lo stemma dello stesso mastro Niccolò”. Alla figlia Agnesina lascia invece una somma di denaro, sette fiorini per farsi un abito da lutto e alcune masserizie fra cui un caldarello e un pentolino di rame, un paio di catinelle ed una botte da vino.
In dicembre, morti entrambi i genitori, i due fratelli dividono l’eredità: Lattanzio avrà la casa paterna, Marchesio quella del nonno materno. Entrambe le proprietà, intorno al quarto decennio del Cinquecento, entrarono in possesso del limitrofo monastero di S. Anna. I nuovi vani furono adibiti a infermeria e due suore lasciarono traccia della loro presenza, segnando il muro con i loro nomi, ultime voci della straordinaria storia raccontata dalle pareti della casa di Niccolò di Liberatore.Per saperne di più su Nicolò di Liberatore e la sua casa-bottega:
B.Toscano (a cura di), Pittura a Foligno. 1439-1502. Foligno 2000.
G.Benazzi, E.Lunghi, Nicolaus Pictor. Foligno 2004.
F. Todini, Nicolò di Liberatore e la sua bottega. Perugia 2004.